Come affrontare le fake news? Con un approccio digitale, veloce, analizzando la notizia e con il lavoro di tutti gli attori, dalla polizia ai colossi del web.

Il mio pezzo pubblicato su Prima Comunicazione di Novembre.

 

Come si riconosce un falso? In Gran Bretagna nel 2006, Robert Thwaites, un pittore non istruito e quasi cieco, è stato arrestato per aver venduto falsi dipinti vittoriani per finanziare l’istruzione del figlio. Durante una perquisizione nella sua casa, la polizia ha trovato un manuale per il perfetto contraffatore: “The Art Forger’s Handbook”.

Partiamo da una considerazione: il fake è il mondo complementare alla verità, non è quindi semplicemente l’altra faccia della medaglia ma essendo enormemente più vasto è quasi tutta la medaglia. La verità riguardo ad un dato è una mentre le sue variazioni false infinite. Le fake news chiaramente non sono nate oggi, sono antiche come il mondo, ma solo oggi grazie ad internet hanno un impatto senza precedenti nella storia umana. Il mondo on line ha creato una sorta di sapere collettivo a cui chiunque può accedere, l’effetto collaterale è che chiunque può anche contribuire senza alcun controllo della qualità dell’informazione immessa. Un po’ un acquedotto pubblico dove chiunque possa non solo ricevere acqua ma anche immettere qualsiasi sostanza a sua discrezione. Un tempo i giornali fungevano da argine al fenomeno, oggi nel pieno dell’inversione dei paradigmi sono spesso guardati addirittura con sospetto. La lotta alle fake news è oggi per gli impatti sociali ed economici il tema più caldo del mondo digitale.

L’ultimo rapporto pubblicato dal Censis ha evidenziato che nell’ultimo anno metà degli italiani ha dato credito a fake news circolate sul web. Internet non è un campo neutro, ma crea e condiziona l’opinione per la sua stessa struttura.  È una riscrittura dei paradigmi di relazione. Sul suolo digitale sono infatti crollati i pilastri dell’informazione per come li abbiamo sempre conosciuti. Il tempo: I contenuti on line, a differenza dei giornali, restano raggiungibili per sempre. L’autorevolezza perde il suo senso, sul web infatti gli influencer proliferano dal basso sotto forma di blogger, youtuber, social guru. Persone comuni esperte di un tema hanno a volte più influenza di un giornalista. La comunicazione tra l’azienda e i consumatori non è più top down ma disintermediata e orizzontale, le persone rispondono direttamente on line, fuori dai canali ufficiali del brand che così non è più la fonte ufficiale delle informazioni e ne perde il controllo. Anche la verità è un concetto sempre più controverso, sul web vale piuttosto il principio della post-verità: cioè che è nei giornali è manipolato e ciò che si trova in rete è vero.

Ci si interroga, con speculazioni più filosofiche che concrete, sui possibili metodi per identificare e contrastare l’avanzata del falso. Attualmente il rapporto tra dibattito e soluzioni è nettamente a favore del primo. Le strade più intraprese sono essenzialmente due, la prima quella scelta da Facebook che accusato di essere il primo veicolo di false notizie progetta di taggare i contenuti a rischio per avvisare gli utenti che probabilmente quello che stanno leggendo e pensando di condividere è falso. Questa segnalazione però avviene “dal basso” ovvero dagli utenti stessi, per cui il meccanismo è affetto dallo stesso male che vorrebbe curare.

La seconda strada è quella di contrastare il falso creando dei portali verticali in cui vengano pubblicate le informazioni vere. Anche questo secondo approccio è molto lacunoso poiché affronta il problema utilizzando una mentalità predigitale che non comprende i reali meccanismi della rete. Se una conversazione avviene in un luogo digitale (sito, forum, pagina Facebook) creare una risposta altrove non produce su di essa alcun effetto. Questo approccio è un po’ come avere una infezione e somministrare un antibiotico ad un’altra persona.

Pensare di contrastare la disinformazione on line etichettando i contenuti falsi e raccogliendoli in un archivio è un po’ come sperare di trovare a casa del falsario il manuale del perfetto contraffattore. Il punto è che non si può controllare e prevedere il comportamento degli utenti su un territorio sconfinato come la rete.

Se vogliamo realmente vincere questa sfida la soluzione deve passare per quattro punti chiave: Primo, per contrastare il falso in rete serve un approccio realmente digitale. Abbandoniamo i vecchi schemi. Secondo, è necessario comprendere che non può esistere una soluzione unica, come si sta cercando di fare, perché non esiste un solo fake. Il fake va analizzato e tipizzato e per ogni tipologia va trovata una soluzione. Decomporre e risolvere, il mantra di ingegneri e matematici, sembra purtroppo non appartenere al tavolo di discussione. Una notizia falsa sulla salute è un qualcosa di molto diverso da una notizia falsa su una squadra di calcio sia in termini di grado di oggettività sia in termini di pericolosità per la vita dei cittadini. Possiamo sopravvivere ad un errore nel numero di coppe dei campioni vinte, molto meno alla campagna contro i vaccini o contro gli antibiotici e antitumorali tuttora in corso. Terzo, il tempo è un fattore chiave, più un contenuto falso resta in rete più si moltiplica. Servono sistemi di analisi ed intervento real time. Devono nascere i pompieri digitali. Quarto, la soluzione non arriverà da un singolo attore ma solo dall’azione corale di istituzioni, polizia, provider, colossi del web. L’alternativa è continuare a fare finta di provarci.

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