All’aeroporto di Shenzen i viaggiatori vengono premiati o penalizzati a seconda del loro comportamento. La Cina vuole adottare un sistema di rating che ha un profondo impatto sociale.

Il mio articolo su Prima Comunicazione di febbraio.

Inutile opporsi, ad ognuno sarà assegnato un punteggio socio-reputazionale in base a cui accederà o gli saranno negati servizi. È solo questione di tempo. In Cina sono già partiti. In un certo modo torneremo tutti a scuola poiché la collettività ci darà una pagella sulla base delle nostre azioni come cittadini, come consumatori e molto altro. In base al “voto” la nostra vita avrà pesanti riflessi. Facciamo un esercizio di fantasia: immaginate di girare per strada, vedete una vetrina, notate dei viaggi turistici, vi avvicinate. Destinazioni esotiche ed esclusive. Inquadrate con lo smartphone e si materializzano nel vostro schermo altri viaggi incredibilmente vicini ai vostri gusti e soprattutto a prezzi e condizioni differenti. Si avvicina un’altra persona, stessi gesti, eppure vede cose diverse e se ne va stizzito notando che i suoi prezzi sono molto più alti. Non è proprio fantasia, sta già avvenendo. In Cina, immenso laboratorio sociale, stanno sperimentando un sistema di rating reputazionale delle persone, in base al quale cambiano diritto e modi di accedere ai servizi, lo chiamano “sistema di credito sociale”.

La fase zero è partita nell’aeroporto di Shenzhen: ogni passeggero ha un punteggio reputazionale che può scendere o salire a seconda del suo comportamento. Chi polemizza, disturba o crea problemi perde punti, chi invece ha gesti responsabili come segnalare situazioni di pericolo alla sicurezza viene premiato. L’obiettivo per il 2020 è estendere il sistema di rating a tutti i cittadini cinesi, non solo negli aeroporti. Non confondetela con una evoluzione tecnica o con un sistema di sicurezza, è un cambiamento molto più profondo. Se ci riflettete siamo già circondati da rating da molto prima dell’era digitale. Bonus malus assicurativi ci valutano come buoni o cattivi guidatori e in funzione di questi paghiamo tariffe diverse, patente a punti, delibere su prestiti e mutui, carte fedeltà, carte di credito. Con il digitale l’accerchiamento è completo, Netflix conosce i nostri gusti meglio di noi, le pubblicità on line ci martellano sapendo cosa abbiamo guardato poco prima su Amazon (esatto, fate attenzione …), Google conosce e ripropone ogni nostra ricerca (fate ancora più attenzione …), Facebook ha bene in mente il nostro universo sociale e le tensioni sottostanti e Linkedin sa se stiamo cercando lavoro e dove guardiamo. Tutti questi non sono altro che basati su rating che hanno un riflesso costante sulla nostra vita.

 

Se da un lato conosciamo molto bene alcuni sistemi e i loro impatti concreti nella nostra vita quotidiana, dall’altro siamo ancora poco consapevoli di analoghi meccanismi di valutazione che operano “silenziosamente”. Ad esempio nella ricerca di un lavoro. Già nel 2015, parliamo quindi di quattro anni fa, il 35% dei recruiter interpellati in una ricerca Adecco dichiarava di aver escluso dei candidati a causa delle informazioni reperite su Facebook. Rating invisibile, impatto evidente. A questo punto credo che il titolo non sembri più così inverosimile.

Appurato questo si aprono delle questioni molto interessanti: Primo, che impatto potrebbe avere nella società? Un sistema di valutazione di questo tipo, sempre attivo, che analizza migliaia di dati e che (quasi) tutto vede potrebbe ad una riflessione attenta restituirci la piena consapevolezza delle nostre azioni. Quanti odiatori seriali continuerebbero a riversare la loro bile sui social se questo implicasse perdere dei punti sulla propria patente reputazionale e vedersi precludere l’accesso a servizi o subire sanzioni? Molti troverebbero premiante la buona condotta e la società stessa troverebbe nell’interesse del singolo quelle forme di etica che si stanno smarrendo. La meritocrazia tornerebbe ad essere un valore.

L’effetto di questo sistema sarebbe molto probabilmente ciò che lo storico della cultura americano Siva Vaidhyanathan ha chiamato “nonopticon”: non sapendo esattamente quando e quanto si è osservati, ci si comporta come se lo si fosse sempre. Seconda questione, come cambierà l’economia? I prezzi saranno personali non più generali. Così come l’offerta. Nascerà un ecosistema molto complesso a variazione continua in cui il valore di un bene non sarà più assoluto ma relativo ad ogni singolo soggetto. Andrebbero riviste molte teorie attuali. Terza questione, ci obbligheranno ad aderire a questo rating personale? L’adesione potrebbe essere volontaria e i primi a partecipare saranno sicuramente quelli che potrebbero vantare un ottimo score e acquisire importanti benefici. Oltre una certa soglia critica di popolazione potremmo assistere ad una inversione di percezione ovvero che chi non partecipa nel rating lo fa perché non è meritevole. Questo li posizionerebbe di fatto all’interno, pur non partecipandovi, in una fascia negativa che verrà penalizzata per compensare i vantaggi alle fasce premianti. L’alba si avvicina.