Ogni crisi è un caso a sé. È facile intuirlo se si comparano le crisi che hanno riguardato Dolce & Gabbana, la nota scrittrice J. K. Rowling, Will Smith e ora – tra pandori, uova di Pasqua e bambole – Chiara Ferragni.
E quella che riguarda Ferragni è la prima vera crisi di questo genere, dove la protagonista è un’influencer, quindi è lei il prodotto. Ed è una crisi che nasce da un comportamento antitetico rispetto al suo posizionamento valoriale di impegno sociale, beneficenza, attenzione ai bambini, per cui il colpo accusato è doppio.
In questo contesto, il mestiere di un reputation manager è complicato, perché ogni crisi è diversa dalle altre e ha protagonisti differenti, elementi nuovi, e non esiste un’unica ricetta per risolverla. Quell’abito grigio da penitente utilizzato da Chiara Ferragni nel suo video di scuse, per esempio, forse andava bene per Dolce & Gabbana, che dopo aver offeso la Cina hanno dovuto prostrarsi verso un’intera Nazione, ma non per lei.
Per stabilire l’entità di una crisi e la sua deflagrazione, noi utilizziamo una scala esponenziale da 0 a 10, come quella Richter. Per dare un’idea dell’intensità della situazione Ferragni, il nostro modello l’ha quotata 7.2, mentre quella D&G aveva raggiunto un ‘modesto’ 6.3.
Ne ho parlato con Raffaella Serini su Donna Moderna.
Ho parlato con Mariangela Pira a Business, su Sky TG24, del nostro osservatorio Top Manager Reputation sulla reputazione degli executive.
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