L’emergenza sanitaria ha aperto una crisi di fronte alla quale nessuno era preparato. Molte certezze si sono rivelate in realtà fragili castelli di carta e ci siamo scoperti all’improvviso indifesi e frastornati. All’orizzonte si intravede uno scenario economico le cui previsioni vanno dal crollo del Pil a due cifre al paragone postbellico. Navighiamo in acque inesplorate. La mia analisi sul numero di aprile di Prima Comunicazione.

 

La comunicazione non ha fatto eccezione, abbiamo assistito ad ogni livello, soprattutto istituzionale, ad una serie di svarioni ed errori tra il grossolano e il grottesco. Tutto ciò su cui si era costruita la comunicazione fino al giorno prima non valeva più, anzi diveniva in molti casi inopportuna. Questo perché è radicalmente mutata la percezione delle cose, le priorità, le aspettative, soprattutto le paure, è quindi come se fosse mutata realtà circostante. Poco prima la sostenibilità guidava le agende. Oggi è quasi ininfluente. Persi quindi i temi portanti cosa e come possiamo comunicare in una fase come questa? Possiamo identificare sei approcci. Il primo approccio è l’informativo esteso, il brand nei suoi canali principali si occupa centralmente del Covid e degli impatti di servizio. Questa forma presenta molti limiti e lega a doppio filo il brand all’epidemia. Lo cito per completezza ma è, se possibile, da evitare. Il secondo è una versione molto ridotta del primo, il tipo informativo verticale, vengono creati dei canali differenziati e specializzati. Un esempio di questo è applicato da ATM, l’azienda di trasporti milanese, che ha concentrato le comunicazioni in un verticale, il blog “Medium/Lineadiretta”, che diventa la fonte di derivazione principale sul tema Coronavirus, a cui puntano i contenuti pubblicati sugli altri canali proprietari, principalmente Twitter e Linkedin. L’orso riposa nella caverna aspettando che l’inverno passi. Prudenza alta, partecipazione minima. Il terzo approccio è quello della comunicazione valoriale che supera quello informativo per abbracciare valori e campagne. Un esempio di questo possiamo trovarlo in Poste Italiane guidata da Del Fante: nei primi giorni l’azienda dedicava sul sito e su Twitter uno spazio marginale agli aggiornamenti sul Coronavirus, inserendo informazioni di servizio sulla riapertura degli uffici postali dei Comuni della zona rossa nelle news in fondo alla home page, quando l’emergenza diventa nazionale Poste aderisce alla campagna #iorestoacasa che diventa il contenuto di atterraggio della sua home page e la cover della sua pagina Facebook. Una trasformazione forte. Protezione media, partecipazione alta, valori alti. Il quarto è il brand enforcement, in cui la comunicazione è incentrata sulla forza dell’organizzazione e la capacità di rispondere alla crisi. Anch’esso messaggio necessario in un momento di smarrimento. Un esempio è SNAM guidata da Alverà, il focus comunicativo è in primis sull’attivazione in via precauzionale dello smart working (24 febbraio) per tutti i dipendenti residenti nelle sei Regioni più a rischio. Quindi centralità della salute e della sicurezza in azienda, che passa anche per la costituzione di un team inter-funzionale, in costante contatto con le autorità pubbliche. Tempestività e trasparenza vengono riconosciute nei commenti alla stessa comunicazione sui social. Snam crea degli hashtag come #snamnonsiferma e #wearesnam, enfatizzando così la prontezza nel gestire il lavoro da remoto, dando anche delle cifre sulle persone connesse contemporaneamente e impegnate in video-call. Protezione alta, modello adatto ad infrastrutture critiche B2B. Un innesto di partecipazione perfezionerebbe la performance. Quinto approccio la Call to action che chiama all’appello i consumatori stessi e il loro sistema valoriale. Un esempio è nella GDO con Esselunga. Dopo giorni in trincea, Esselunga arriva a chiedere aiuto ai suoi clienti: “Aiutateci ad aiutarvi” è l’esortazione che appare su tutti i canali della catena. Tutte le criticità sono messe in evidenza (difficoltà consegne online, cambi orario), per invocare un sostegno vicendevole, che mette al centro la responsabilità dell’azienda insieme a quella di tutta la comunità. L’aiuto è la chiave della nuova comunicazione. Sesto approccio è l’All in, mutuato dal poker. Si mette tutto sul tavolo nella mano che si gioca. Scende in campo il CEO in prima persona per una comunicazione diretta, empatica inclusiva senza nascondere la fase critica che stanno attraversando. Un esempio è easyJet, Lundgren, il CEO, manda un messaggio in cui comunica di sospendere i voli. Il tono fortemente inclusivo, sposta il baricentro emozionale alternando tra rammarico e orgoglio, si chiude con abbiate cura di voi. Qual è dunque l’approccio ottimo? Non uno ma un mix studiato degli ultimi quattro: A*val + B*brand + C*action + D*allIn dove A,B,C,D parametri da definire in funzione del mercato e del brand. Ma mai uguali a zero. Lo so, ho fatto l’ingegnere, scusatemi.