Il crack reputazionale di Elon Musk 2

La caduta della reputazione di Musk travolge il suo brand icona, Tesla perde 700 miliardi di capitalizzazione e crollano le vendite

La reputazione è una forza invisibile. Questo aspetto, però, non deve ingannare, si manifesta in modo potente, soprattutto, al crescere della sua intensità. Può cambiare in un istante il destino di leader e di aziende. Ne sa qualcosa Chiara Ferragni e, prima di lei, molti altri. Questa volta è Elon Musk, colpevole di averla sottovalutata, a sperimentare la sua forza devastante.

Musk a buona ragione può essere considerato il Leonardo Da Vinci del nostro secolo, disponeva di un capitale di credibilità enorme dovuto ad una serie di successi planetari, da PayPal a Starlink, da SpaceX a Tesla. Nonostante questo, il suo coinvolgimento attivo, prima nella elezione e poi nel governo Trump, assieme ad ingerenze crescenti nella politica interna di Paesi di primo piano come UK, Canada e Germania, hanno generato una potente inversione reputazionale. E quando questo accade si porta dietro una rilettura di tutti i comportamenti: ciò che prima era una curiosa stranezza che amplificava il genio, diventa una pericolosa deriva; ciò che era visione, diventa brama. Tutto questo, quando accade, non è astratto, si manifesta in una crescente campagna di boicottaggio fino a violenze.

Consideriamo che Musk è il volto delle sue aziende, ed è qui che avviene il cortocircuito completo: l’odio si trasferisce ai suoi brand. Molti utenti Tesla hanno cominciato a mettere nella loro auto degli adesivi con scritte “Ho comprato questa Tesla prima che Musk diventasse pazzo” o altri, ben più sarcastici, hanno messo un adesivo con la scritta Toyota per camuffarsi. Nei social sono diventati subito virali, moltiplicando a dismisura la percezione del fenomeno.

Negli Stati Uniti il movimento “Tesla Takedown” ha organizzato manifestazioni in oltre 100 showroom. I manifestanti, ripresi in video e condivisi ovunque online, esponevano cartelli con slogan come “boycott Tesla” e “defund Musk”. A Londra un manifesto comparso a Bethnal Green ha ribattezzato l’auto elettrica più iconica del mondo come “Swasticar” con uno slogan emblematico “Da 0 al 1939 in 3 secondi”, facendo riferimento anche al presunto saluto nazista durante il comizio di insediamento.

Non si tratta di una semplice provocazione, ma di una forma di attacco reputazionale ad alta intensità, capace di sintetizzare in una sola immagine la connessione percepita tra brand, ideologia e leadership. La Tesla, da simbolo positivo di futuro, ecologia e tecnologia, diventa un oggetto negativo, di cui vergognarsi, carico di tensione politica. A questo sono seguiti gli atti vandalici, le auto danneggiate. A Roma è stato bruciato un concessionario, e non è un caso isolato. Le vendite sono crollate di percentuali molto importanti, anche del 50%. Il diretto impatto dell’onda reputazionale negativa.

L’apice tragicomico lo abbiamo avuto quando persino il nostro Fratoianni si è dovuto scusare perché viaggia in Tesla, la sua dichiarazione è politicamente emblematica: “è di mia moglie”.

Con Tesla è stato così disperso un enorme capitale in termini di valore, anni di lavoro vanificati in pochi mesi. Il titolo dai massimi di dicembre è in fortissima sofferenza e perde fino al 60% del valore, che tradotto, per essere chiari, è 700 miliardi di dollari. Il valore della reputazione persa. Per dare un’idea di quanto rappresenti questa cifra potremmo dire che è quasi un terzo del Pil italiano oppure che è maggiore della somma del valore di BMW, Stellantis, Ferrari, Toyota, Volkswagen, Honda e Ford sommate assieme.

Musk e i suoi brand formano un complesso sistema reputazionale di cui l’eccentrico miliardario è il centro, a cui ogni punto è collegato. Una configurazione di questo tipo è molto avanzata ed efficace a patto che il centro resti un solido riferimento positivo. Può assorbire efficacemente insuccessi in alcuni brand ma se il centro stesso collassa fa collassare tutta la struttura.

Musk per quanto potente e capace non può fare a meno del mercato. E il mercato gli sta dando un messaggio chiarissimo. La percezione è come un fluido, Tesla ha lasciato un vuoto, e i vuoti nei fluidi non restano tali a lungo. Dei competitor europei o cinesi possono cogliere l’opportunità a patto di ricalcarne i valori originali. BYD, il più forte player cinese, sta facendo grandi passi e comincia a segnare delle vittorie tecnologiche rispetto al suo blasonato rivale. Musk ha dimostrato più di una volta di saper risorgere ma questa volta il campo è la percezione: per invertire una curva così critica dovrebbe subito ridurre la sua esposizione, azzerare la sua componente politica, evitare di interferire con i leader politici e riposizionarsi su tematiche di scienza, evoluzione e società.

Articolo pubblicato questo mese su Prima Comunicazione.