Trump e la fisica dei buchi neri 2

Nel dicembre 2022 i poliziotti di Bruxelles bloccano il padre dell’europarlamentare Eva Kaili in fuga da un lussuoso albergo con in mano una valigia con all’interno 600 mila euro in banconote da 50. A questi si aggiungeranno in serata altri 150 mila euro trovati nell’abitazione della Kaili assieme ad altri oggetti di valore ricevuti in regalo dal Qatar. Questo è più che sufficiente per destituire immediatamente la donna dal suo incarico di vicepresidente del Parlamento e finire in carcere per corruzione. Scoppia così il Qatargate nell’anno in cui il Paese ospitava i mondiali di calcio.

Oggi a distanza di due anni il Qatar elargisce nuovi doni, di portata ben diversa. Stavolta si tratta di un aereo privato da 400 milioni messo a disposizione del Presidente USA Donald Trump, che candidamente dichiara “sarei uno stupido a non accettare”. Il gesto solleva indignazione sui giornali, per l’evidente conflitto di interesse. I Democratici hanno chiesto l’apertura di un’indagine. Ma lo scandalo non scalfisce il Presidente né il clamore diventa assordante. Siamo di fronte ad un fenomeno nuovo, preoccupante e senza precedenti.

In fisica vi sono dei punti speciali, i buchi neri, in cui le leggi conosciute cessano di descrivere la realtà. Con Trump siamo in un caso simile, è un buco nero della fisica della percezione: la sua condotta è talmente oltre la ragione, oltre il falso, oltre la violenza verbale che crea uno spazio nuovo in cui tutto è ammesso.

Che sia chiaro, è uno spazio limite, quasi chiunque altro vi si avventuri verrebbe annullato dalla società. Il primo segreto è innescare una serialità e sopravvivere ad essa, in un crescendo di caos che mescola assurdo e verosimile, in un pendolo di posizioni in cui nel giro di poco si possa affermare una cosa e il contrario con assoluta naturalezza.

Il mondo è così entrato in una sorta di trance assuefatto, incapace di reagire, assiste attonito ad un Trump senza freni: “Non hai le carte per fare il duro”, umilia Zelensky nel loro primo incontro nello studio ovale. “I Paesi mi baciano il c… per trattare un accordo sulla riduzione dei dazi”, dichiara durante un comizio davanti a migliaia di persone. Era impensabile solo immaginarlo un anno fa. “Lui oggi ha incassato due miliardi”, evoca alla Casa Bianca i guadagni dei suoi amici imprenditori dopo lo stop ai dazi. Senza la minima preoccupazione della manipolazione dei mercati.

Il nostro risiko bancario, che pur non ha risparmiato qualche colpo basso, sembra al confronto un collegio di educande. “Comprate azioni ora”, tweetta dopo aver firmato l’accordo commerciale con il Regno Unito. Nessun campo è precluso al pendolo emotivo, nemmeno il sacro: “Penso che sarei un grande Papa. Nessuno lo farebbe meglio di me” e fa postare sui suoi social e su quelli della Casa Bianca il suo fotomontaggio vestito da pontefice. “Ci prenderemo la Groenlandia in un modo o nell’altro”.

Un altro dei punti chiave di questa ipnosi collettiva è la frequenza, Trump non lascia spazio per razionalizzare, i suoi sono colpi quasi quotidiani, l’imprevedibilità la sua cifra. Questo meccanismo trasforma in qualche modo la realtà e conferma una preoccupante tendenza della politica, quella di rivolgersi non più a tutti ma solo alla pancia della propria audience alimentandone le paure e l’odio. La verità cede così il passo alla verosimiglianza, come nel caso dei dazi in cui vengono presentati numeri che confondono la bilancia commerciale con i dazi stessi. Un’altra componente chiave di questa comunicazione è lo show, tutto diventa spettacolo e rappresentazione. L’incontro Trump-Zelensky, già citato, è stato puro teatro, una sceneggiatura già scritta e i ruoli ben definiti. Le firme ai decreti, sempre esibiti. Tutto è enfatizzato, così nasce il “Liberation Day” che in realtà è l’esatto contrario lanciando una guerra commerciale senza precedenti verso avversari ed alleati. Tutti accusati di essere ingiusti verso gli USA.

Un altro elemento è la negazione di qualsiasi fatto avverso, i mercati crollano e si bruciano trilioni di dollari? Sono bugie dei democratici. L’insieme di tutti questi elementi ha creato la densità critica per il collasso delle regole della percezione e della morale: i principi che regolano il giudizio pubblico, trasparenza, decoro, responsabilità, diventano accessori. I meccanismi democratici non sono strutturati per arginare questo nuovo fenomeno o sono troppo frastornati e lenti per farlo. Siamo entrati quindi in uno spazio post morale, post verità, post etico.

L’Europa attonita dal canto suo non sa come reagire, ma forse questo caos era proprio quello che le serviva per scuotersi dal sicuro torpore e maturare una risposta unitaria. Contrapporre fermezza, azione, serietà e ragione è la migliore risposta possibile al bullismo elevato a sistema.

La mia rubrica pubblicata su Prima Comunicazione.