Prendere posizioni forti, rispettare le opinioni altrui senza mancare di rispetto alle proprie, abbracciare la complessità, sono le coordinate che ridefiniscono la comunicazione, e il ruolo, del manager moderno. Neutralità e prudenza non sono sempre valori da ripetere come un mantra, la contendibilità per l’attenzione è selettiva, competitiva, con una memoria elefantiaca, dove ogni errore, ogni dichiarazione fuori luogo, restano per sempre. Parafrasando Humphrey Bogart, potremmo dire: “è il digitale, bellezza!”. Perciò è utile chiedersi: come comunicano i top manager sui social media? Come sta cambiando il loro posizionamento?.
La tendenza a prendere posizioni forti, schierarsi sui social media da parte di top manager è in crescita, uno su due è intervenuto in prima persona sul conflitto in Ucraina e i profili più seguiti dei top manager su LinkedIn crescono a un tasso medio del +7%. Ma non è una tendenza uniforme. Vanno fatte delle distinzioni fondamentali: vi sono manager molti forti e importanti, cresciuti quando i social non esistevano perciò non hanno confidenza con questi strumenti. Si affidano alla comunicazione corporate sulle pagine dei loro brand, ma non intervengono in prima persona. Poter contare su un team di professionisti competenti potrebbe non essere sufficiente, spesso bisogna intervenire in prima persona. Comunicare in modo strategico e credibile è sempre molto complicato.
La comunicazione è un asset vero e proprio, e la reputazione è duale. Vi sono due poli, il brand e il CEO che opera da ambassador; si deve impostare un lavoro di lungo periodo perché la comunicazione di un’azienda, tramite un suo manager, governa la percezione pubblica dell’azienda stessa.
Serve però molta cautela, il CEO activism va maneggiato con cura, non ci si può improvvisare. I contenuti vengono rilanciati immediatamente, spesso in modo disintermediato, il rischio di fraintendimento è altissimo e spesso assistiamo a operazioni di falsificazione imbarazzanti e preoccupanti.
L’intervista completa su Startup Italia:
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