Le elezioni europee saranno terreno di scontro con Troll e Fake News pericolosamente protagonisti. È in atto un hacking del processo democratico.

La mia analisi su Prima Comunicazione di maggio 2019.

La rete è intimamente collegata alla società, non ne è più solo modalità di espressione ma parte del suo stesso tessuto. Un qualcosa di vivo ed in costante trasformazione. Sappiamo bene però che l’evoluzione è un percorso imperfetto che procede per errori. I troll, utenti anonimi che si inseriscono nelle discussioni on line con fine di disturbo o manipolazione, sono un prodotto collaterale dell’evoluzione della rete. Ricordiamo, per dovere di scienza che non tutte le evoluzioni hanno un lieto fine, le specie estinte sono innumerevoli. I troll devono il loro nome alla mitologia scandinava, dove sono rappresentati come piccoli demoni mistificatori, rozzi e irsuti che abitano le foreste. Diciamo che per lo meno ora non abitano le foreste.

I troll rispetto agli albori della rete sono ora distinti in più tipologie: la prima è il disturbatore, soggetto reale singolo il cui scopo è scatenare la rabbia su terzi e impedire una conversazione civile. Tutto sommato è la categoria meno pericolosa. Su Facebook e Twitter, a causa di chissà quale confuso senso di invulnerabilità, sono spesso in chiaro, con il tempo il numero si ridurrà sotto montagne di richieste di danno (vedi caso Boldrini). La seconda è l’ideologico, elementi singoli che si muovono senza un coordinamento centrale ma sotto la spinta di una idea, molto diffusi in politica e nelle tematiche sensibili. I NoVax sono un perfetto prototipo, entrano non invitati nelle conversazioni che riguardano il tema vaccini inondando la discussione con false informazioni e complotti. Agiscono in chiaro, cercano di fare proseliti. Difficili da arginare. Terza tipologia, Reti di Troll di supporto, una rete di account, principalmente fittizi, strettamente gestiti da un centro di coordinamento. Facili da riconoscere solo singolarmente, possono facilmente essere confusi con gli ideologici ma molto più pericolosi. Quarta tipologia, Reti di attacco, stessa struttura dei precedenti ma progettati per attaccare in massa un avversario politico o aziendale. Infine vi sono le Reti di Troll dormienti ovvero un insieme di profili falsi fatti “vivere” negli anni come fossero persone reali discutendo di argomenti quotidiani, postando vacanze e ristoranti in attesa di essere usati in modo operativo o venduti a reti di influenza. Alcuni di questi potrebbero essere già nella vostra rete di amicizie su Facebook o vi seguono su Twitter. Quasi impossibili da identificare nella loro fase dormiente. Le ultime tre categorie di Troll sono chiaramente le più pericolose e possono influenzare in modo sottile l’opinione pubblica. È in pratica un sofisticato hacking del processo democratico.

La cronaca politica di questi ultimi anni è piena di esempi a riguardo, basta ricordare le migliaia di profili che hanno inondato il web di propaganda pro-Brexit o a favore di Trump. Anche l’Italia non è immune: l’estate scorsa a finire nel mirino è stato il presidente Mattarella, reo di non aver accettato la nomina di Savona a ministro dell’Economia (attacco che a ben vedere è stato decisamente amplificato dai media, visto che si trattava di volumi piuttosto contenuti e circoscritti); o la pittoresca vicenda della pagina fake dell’INPS (INPS per le famiglie) che su Facebook si è sostituita all’originale (INPS per la famiglia) nel rispondere agli utenti sul reddito di cittadinanza, inquinando ulteriormente una conversazione già compromessa tra l’ente e gli utenti. In pochi si sono accorti della differenza di vocale, cadendo nelle provocazioni del troll.  Anche il neo segretario del Pd Nicola Zingaretti è stato accusato di essere spinto nella corsa per le primarie da profili troll che twittavano in serie gli stessi messaggi contro gli avversari da account raffiguranti Lady Oscar e altri cartoni animati. Operazione maldestra, condotta da qualche apprendista di queste arti oscure, suscita più tenerezza che timore. Dove vengono costruiti i troll e da chi? La reporter Lyudmila Savchuk ci ha fornito un esempio infiltrandosi per due mesi e mezzo nella ormai famigerata fabbrica dei troll russi a San Pietroburgo, occulta regia social del Cremlino e di molte campagne elettorali vicine a Putin. Come funziona? Centinaia di giovani russi lavorano 24h su 24 divisi in reparti specifici, dalla “divisione notizie” ai “i seminatori di social media” fino a un gruppo dedicato alla produzione di meme visivi noti come “demotivatori”. Ognuno ha una quota di post da raggiungere ogni giorno, distribuiti tra messaggi contro i principali bersagli politici e la promozione di Putin. Le guerre oggi non si combattono con i carri armati ma governando i dati e l’opinione pubblica. I troll in questa chiave sono la moderna fanteria.